Gasparri al Senato: Non è la nostra riforma ma la legge sul lavoro è migliorata

L'intervento in Aula del capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri

Maurizio Gasparri

Signor Presidente, onorevoli senatori, signori del Governo,

questa legge non è la nostra legge. Voglio dirlo con chiarezza all’inizio: non è la legge che avremmo fatto noi ma è una legge che abbiamo contribuito a modificare e migliorare in molti aspetti.
 

Voglio quindi anch’io ringraziare tutti coloro che hanno lavorato in Commissione e in particolare il presidente Pasquale Giuliano e i relatori Castro e Treu per un lavoro al quale anche i Capigruppo hanno spesso dato un contributo insieme al ministro Fornero.

Voglio esporre in sintesi alcune delle misure che rivendichiamo. Nell’apprendistato le imprese di minori dimensioni non sono più soggette all’obbligo di confermare la metà dei vecchi apprendisti per poterne assume di nuovi. Nel lavoro a chiamata abbiamo introdotto novità importanti nel turismo.

Abbiamo dato più ampio spazio di libertà nel commercio, dove ben 14 milioni di voucher erano stati utilizzati e questo strumento si potrà utilizzare ancora. Nel contratto a termine abbiamo garantito tempi più ristretti per il rinnovo dei contratti, quando ci sono organizzazioni o revisioni nella vita delle aziende. Abbiamo affrontato il tema delle partite Iva, tema spinoso perché il nostro intento è quello certamente di combattere gli abusi della flessibilità ma di non costringere a conversioni forzose di rapporti di lavoro che avrebbero distrutto molte posizioni di occupazioni.

Rivendichiamo quindi l’impegno su questo capitolo delle partite IVA... abbiamo introdotto requisiti per distinguere le posizioni genuine da quelle che potevano in astratto determinare abusi che vogliamo assolutamente contrastare. La flessibilità non deve portare ad uso distorto di strumenti che servono a creare occupazione. E voglio ricordare che, grazie alla legge Biagi e ad altri provvedimenti, durante l’azione del Governo Berlusconi, la percentuale di disoccupazione in Italia è scesa al di sotto della media europea a dimostrazione che quegli strumenti hanno avuto una validità. Oggi la crisi è peggiorata. Non vogliamo dare colpe a nessuno ma ricordiamo i dati. abbiamo reso strutturale la decontribuzione del salario aziendale di produttività, valorizzato spunti importanti nel mondo dell’artigianato, previsto forme volontarie ed accordi contrattuali per aprire a possibilità di partecipazione alla vita delle aziende, del capitale o degli utili, in modo contrattuale un e volontario, non in modo dirigista.

Per quanto riguarda i licenziamenti non ci siamo accaniti in battaglie sull’articolo 18 ma prendiamo atto che sia stato positivo aver infranto questo tabù ed avere, per quanto riguarda i licenziamenti disciplinari ed economici, trovato una soluzione equilibrata che allinea il nostro diritto del lavoro agli standard dei principali Paesi occidentali. Questo è stato fatto senza alcun accanimento e senza alcuno scontro sociale. Siamo passati, grazie a noi - lo voglio di vendicare - nell’armonia dei rapporti del Popolo della Libertà da un impianto di legge iperregolatorio, quale quello che il Governo aveva avanzato, ad un disegno di legge che esce dal Senato più rispettoso dell’autonomia organizzativa delle imprese, del lavoro e delle parti sociali.

Il Popolo della Libertà quindi ritiene di aver ricondotto questa legge nella tradizione riformista che ha segnato la legislazione lavoristica italiana e di cui soprattutto la legge Biagi rappresenta un caposaldo. Ma voglio dire al Governo che non sottovaluti le voci critiche emerse in questo dibattito e che emergeranno ancora. Questa non è la nostra riforma. Ma la riforma che abbiamo migliorato grazie al nostro contributo. E non si sottovaluti anche la critica che taluni hanno avanzato.

Ma voglio cogliere questa occasione perché non possiamo limitarci ad una legge sul lavoro che abbiamo fatto in adempimento a princìpi e intese realizzate in Europa. Abbiamo assunto molti impegni in Europa e vediamo che ogni giorno vengono redatte pagelle dall’Unione europea nei confronti dell’Italia. Ma quando - mi chiedo - verrà il tempo di redigere noi una pagella che giudichi e bocci una politica europea che definiamo suicida per il nostro continente? Occorre quindi non solo fare questa riforma, ma rivedere le politiche europee, il rapporto deficit-PIL, vedere se i traguardi di risanamento dei bilanci pubblici siano compatibili con la crisi economica e con i disastri che si verificano. Dobbiamo attivare project bond, eurobond, strumenti per investire nelle infrastrutture. Sarebbe impossibile ora spiegare la ratifica del fiscal compact , accordo molto rigido, se non sarà accompagnato da un piano di crescita che anche il Governo sta cercando di definire in Europa in quanto potrebbe avere conseguenze letali per le varie realtà europee.

Abbinare la crescita a impegni di rigore è, quindi, assolutamente indispensabile.
Dobbiamo investire nelle infrastrutture. Lo dico all’indomani di una tragedia come quella dell’Emilia Romagna. Mi si consenta una parentesi: nei giorni scorsi la seconda scossa ha fatto morire operai e imprenditori che erano andati, dopo il terremoto, a dimostrare qual è l’attaccamento al lavoro degli italiani, pagando un prezzo drammatico mentre cercavano di riattivare capannoni.

Mentre noi siamo qui, qualcuno, forse rischiando, cerca di difendere l’imprenditorialità, il lavoro vero, non solo quello teorico.

Vogliamo tutelare i prodotti italiani ed europei dalla concorrenza sleale. Non ci sarà legge sul lavoro che salverà posti di lavoro se assisteremo all’aggressione asiatica ai nostri mercati. Insisto su questo che è un tema di urgenza drammatica a livello europeo.

Presidente Monti, vogliamo che in questa riforma del lavoro ci sia la spinta per andare verso altri traguardi. Dobbiamo utilizzare con correttezza i fondi che il sistema bancario ha ottenuto in quantità ingente dalla Banca centrale europea al tasso dell’1 per cento. Poc’anzi il Governatore della Banca d’Italia nella sua relazione ha detto che questo intervento della BCE «ha evitato che su imprese e famiglie si abbattesse una restrizione rovinosa del credito». Ne prendiamo atto, ma attendiamo che le imprese e le famiglie possano fruire di questa iniezione di risorse.

Ma, presidente Monti, il Governatore della Banca d’Italia pochi minuti fa ha anche detto che «si è pagato il prezzo di un innalzamento della pressione fiscale a livelli ormai non compatibili con una crescita sostenuta». E ha aggiunto: ‘L’inasprimento non può che essere temporaneo’. Facciamo nostro questo auspicio del Governatore della Banca d’Italia, perché oggi la pressione fiscale, rispetto alla crescita, alle imprese, alla creazione di posti di lavoro, genera problemi enormi.

Vorremmo, presidente Monti, che il Governo, insieme al Parlamento, affrontasse una questione drammatica, quella del debito pubblico. Il nostro Gruppo, attraverso il senatore Cutrufo e altri, ha avanzato delle proposte. Non sono valide? Discutiamone altre, ma se non alleggeriremo il peso degli interessi sul debito pubblico il futuro del nostro Paese sarà pregiudicato.

È la grande questione che dobbiamo affrontare insieme per il futuro dell’Italia.

Dobbiamo trattare con più attenzione, ministro Fornero, il tema degli esodati e altre questioni. A volte quantificazioni e superficialità si sono scontrate con drammi sociali che meritano una risposta unitaria delle istituzioni, del Governo e del Parlamento.

Sulla spending review, il ministro Giarda ha detto che vi è una massa di 100 miliardi di euro aggredibili per risparmiarne alcuni. Attenti alla comunicazione: il messaggio è passato in modo diverso, ossia che domani si possano tagliare 100 miliardi di euro di spese. Magari fosse così! Attenzione a comunicare. Tagliamo sprechi reali e veri, perché quella comunicazione un po’ approssimativa ha suscitato nel Paese aspettative non realizzabili.

Agiamo sulle compensazioni. Rivendico all’azione del Popolo della libertà e all’iniziativa del nostro segretario Alfano, prima incompresa, poi apprezzata dal presidente Monti, il varo di quelle misure per le compensazioni rivolte alle aziende che devono pagare tasse e che vantano crediti con le amministrazioni pubbliche. Per varie ragioni erano state escluse alcune Regioni. Ben fa il Senato a dire che tutti quelli che hanno diritto devono essere pagati, perché l’Italia è una sola e le imprese, le aziende e le famiglie sono tutte uguali.

Non dobbiamo sottovalutare, onorevoli colleghi, alcuni fatti di terrorismo. La legislazione del lavoro, da Giugni a Tarantelli, da Biagi a D’Antona, spesso anche con esiti letali, ci richiama nomi di autentici eroi dell’azione legislativa, politica e sindacale.

Ho letto con raccapriccio nei giorni scorsi che alcuni magistrati non hanno qualificato come terroristico il risorgente attivismo delle Brigate rosse. È un tragico errore, che l’Italia non deve commettere. Invitiamo quei magistrati a guardare con più attenzione i fatti che si verificano. Lo dico anche al senatore Ichino, di cui ho condiviso l’appello, l’indignazione, la rabbia. Cari tecnici, scrivere editoriali era bello, affrontare la realtà è difficile. Noi oggi offriamo ancora una volta il nostro sostegno, costruttivo, non acritico, per la salvezza dell’Italia; ma la nostra azione sarà incalzante, propositiva, offerta soprattutto al lavoro, agli italiani, al sacrificio che oggi molti stanno facendo in tante parti d’Italia. Questo è il senso del nostro voto, del nostro impegno civile e del nostro impegno nazionale, che siamo certi il Governo recepirà nei suoi autentici intenti e nella sua autentica passione.

 

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