Berlusconi: Rovinati dai professionisti della politica

Intervista del presidente Berlusconi a Parioli Pocket

Silvio Berlusconi

Iniziamo questa nostra chiacchierata con un atto di umiltà che non fa mai male e non provi ad alzarsi dalla sedia: mi dica cosa l’uomo politico Berlusconi ha sbagliato nell’ultima legislatura e cosa non rifarà se dovesse vincere queste elezioni.

 Guardi, io non mi alzo mai dalla sedia di fronte a una domanda: anzi, più sono cattive e più mi piacciono. E la sua domanda non è neppure così cattiva: non ho nessuna difficoltà ad ammettere di aver commesso degli errori. Il primo è stato quello di fidarmi troppo di persone legate a una vecchia visione della politica, da Fini a Casini a Monti, che pure dovrebbe essere un tecnico e non un piccolo politicante.

Perché gli italiani non devono aver fiducia in Monti e perché devono invece averla in Silvio Berlusconi?

 Perché li hanno provati entrambi. Perchè Silvio Berlusconi non ha mai messo le mani in tasca agli italiani. Perché Silvio Berlusconi per governare ha chiesto e ottenuto il consenso degli italiani, non quello della signora Merkel.

Anche Bersani recentemente le ha riconosciuto di essere un combattente. Indubbiamente la sua energia e caparbietà è rara in politica. Ma veramente ha ancora paura che i comunisti vadano al governo? 

Posso ricambiare il complimento a Bersani. E’ uno dei prodotti migliori della vecchia scuola del Partito comunista italiano. Preparato, e personalmente onesto. Ma vede, la formazione comunista si vede sempre. Ci sono dei riflessi condizionati. Per esempio l’ossessione di non avere nemici a sinistra. Non solo hanno imbarcato Vendola, ma hanno tentato di fare un accordo di desistenza con Ingroia, e quindi con Di Pietro e Rifondazione.

Cosa accomuna i candidati del Pdl? Anche voi avete dovuto affrontare resistenze interne e accontentarvi alla fine di compromessi nella scelta dei candidati?

Abbiamo operato un profondo rinnovamento. Abbiamo in lista molti giovani, molti amministratori locali radicati sul territorio, molte donne. Molti candidati che ci sono stati indicati dalle categorie professionali. Non abbiamo voluto persone che avessero bisogno della politica per vivere, dei professionisti della politica disposti a qualsiasi compromesso pur di non abbandonare le posizioni di potere. Sono loro che hanno rovinato la politica italiana.

Primo marzo 2013, il Pdl è al Governo. Lei, come ministro dell’Economia o come premier incontra la Merkel. Cosa le dice?

Ci saluteremo con grande cordialità. I rapporti personali con la signora Merkel, e con la gran parte dei leader europei, sono ottimi. E non avrò neppure bisogno di spiegarle, perché lo sa già, che la musica è cambiata, rispetto al Governo Monti. Ma purtroppo, il 1° marzo, una settimana dopo le elezioni, non avremo il nuovo governo. Le liturgie politiche in Italia sono lunghissime e sono naturalmente tutte da modificare.

“Ce lo chiede l’Europa” è diventato un tormentone. Cosa possiamo permetterci di non concedere all’Europa? Insomma, lei in caso di vittoria saprà dire qualche no?

Ne abbiamo detti tanti in passato e continueremo a dirli in futuro. Ma io vorrei dire soprattutto dei “sì”. “Sì” ad un’Europa diversa da questa, ad un’Europa dei cittadini, con una vera sovranità politica, economica e monetaria democraticamente scelta. Un’Europa unita nella politica estera e di difesa e come tale protagonista nel mondo. L’Europa sognata da De Gasperi, Adenauer, e Schumann.

Che la Gran Bretagna possa lasciare l’Unione europea è ormai un’ipotesi non solo accademica, ma concreta. L’interferenza economica della Ue nelle vicende interne del Paese, storicamente mal tollerata, trova sempre meno sostenitori. In Italia invece la progressiva cessione di sovranità all’Unione trova ampi consensi. Ma è davvero la scelta migliore adattarsi a vincoli e paletti sempre più stretti, soprattutto in tempo di crisi?

Rilevo che la Gran Bretagna, fuori dall’area euro e dalle imposizioni della Banca centrale europea, è l’unico paese europeo nel quale nell’ultimo anno le immatricolazioni di auto sono cresciute e non calate. Forse non è un caso. Ma io non mi rassegno comunque a quest’idea dirigista dell’Europa. Cedere la sovranità agli Stati Uniti d’Europa, ad un’Europa dei popoli, eletta dai cittadini, sarebbe ben diverso che cederla ai burocrati di Bruxelles.

Si è pentito di aver firmato quando era premier il documento per il pareggio di bilancio anticipato? Dati e tempi alla mano, sembrerebbe che sia stato uno degli elementi scatenanti del peggioramento dell’economia e del rapporto debito-pil.

No, in quel momento era l’unica scelta possibile, ed era una scelta realistica. Il problema è che c’erano tre modi per perseguire quell’obbiettivo: rilanciare la crescita, tagliare le spese, aumentare le tasse. Noi avremmo utilizzato i primi due, il governo Monti ha preferito usare il terzo: le tasse. Il metodo più semplice, ma anche il più distruttivo. E comunque non c’è bisogno dell’Università Bocconi per spremere i contribuenti, uno studente di ragioneria saprebbe farlo benissimo.

“Lo spread è un imbroglio e un’invenzione con cui si è cercato di abbattere una maggioranza votata dagli italiani”. Ci spiega questa sua affermazione? 

E’ molto semplice. Fino a due anni fa, chi mai, salvo alcuni addetti ai lavori, aveva sentito pronunciare la parola “spread”? Oggi sembra che sia il principale tema economico del nostro paese. Il fatto è che lo spread non è affatto un indicatore così significativo dello stato di salute di un’economia. Tanto è vero che oggi è sceso, ma la crisi è più grave di prima.

Lei ha promesso l’abolizione dell’Imu: la mancata raccolta verrebbe compensata da aumenti su tabacchi, alcolici, giochi d’azzardo. Ma ha anche parlato di una riduzione della pressione fiscale di 1 punto ogni anno per 5 anni. Negli auspici questo contribuirà alla ripresa dei consumi, ma come verrebbe finanziata?

C’è un solo modo, molto semplice, per ridurre le tasse: abbassare le spese. Lo Stato italiano costa a ogni cittadino circa un terzo in più all’anno rispetto allo Stato tedesco, che tutti dicono funzioni molto meglio. Tagliare, oltre alle tasse, anche la spesa pubblica di un punto l’anno non soltanto è possibile, è anche doveroso.

Ha proposto, come stimolo all’occupazione, che le imprese che assumono con contratti a tempo indeterminato non paghino tasse e contributi previdenziali sui nuovi assunti per tre-cinque anni. Le pagherà lo Stato al posto loro? Oppure quei contributi non verranno mai pagati?

Se le imprese non assumono, o assumono in nero, quei contributi non vengono versati comunque, mai. Se anche lo Stato se ne fa carico per un breve periodo, ci guadagna con il mancato esborso per la Cassa integrazione.

Negli scorsi giorni un imprenditore milanese che evadeva le tasse perché non riceveva quanto gli spettava dalla pubblica amministrazione, è stato assolto perché il fatto non costituisce reato. Approva questa sentenza dei giudici di Milano e pensa possa fare da guida per una legge a tutela delle piccole e medie industrie che non riescono a farsi pagare da enti pubblici?

E’ una delle nostre proposte: la compensazione di debiti e crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione. Certo, vorrei che fosse definita dalla legge, non da una sentenza della magistratura.

Contra persona o ad personam. Processo breve, legittimo impedimento. Latinismi a parte, come fanno gli italiani a capirci qualcosa sulla giustizia e sulle riforme veramente utili da effettuare?

Quando un processo civile arriva a sentenza dopo 8-10 anni, non è difficile capire cosa bisogna cambiare nella giustizia. E quando magistrati di sinistra perseguitano per anni gli avversari politici, e poi smettono la toga e si candidano in Parlamento, anche questo è un profondo, drammatico segno di malessere della giustizia.

“Annozero” e “Porta a Porta”. Non è che lamentandosene, alla fine, si trova più a suo agio nell’arena di Santoro?

Santoro è un bravo professionista. Ed è il solo conduttore che ha avuto il coraggio di invitarmi in prima serata. Lui ha riconosciuto che ero l’unico leader politico che ha aveva avuto il coraggio di andarci. Questo non significa che il modo di fare televisione di Santoro mi piaccia.

Libertà di stampa. Cos’è per lei?

Quella che ho sempre garantito a tutti coloro che hanno lavorato nelle aziende che ho creato. Nessuno, da Santoro a Mentana a Costanzo, per citare quelli più lontani da me politicamente, può mai dire che a Mediaset sia mai stato esercitato il minimo condizionamento politico. Vorrei che tutte le televisioni e i giornali italiani fossero altrettanto liberi.

La discesa di Montezemolo in politica è stata paragonta alla sua discesa nel 1994. Trova delle affinità?

Non mi pare. Quella di Montezemolo è un’operazione di élite, nata e cresciuta in alcuni salotti buoni della finanza e dei giornali. Il nostro è stato un grande fenomeno popolare. Noi volevamo ridare agli italiani il diritto di scegliere da chi essere governati. I cosiddetti “centristi” di oggi vogliono togliere questo diritto agli elettori, e riportarlo nelle segrete stanze del Palazzo. Siamo molto diversi.

La politica e i cattolici. Si parla sempre di laicità, laicismo, teocon, teodem… Tutti si adoperano, a destra ed a sinistra, per accogliere le istanze dei cattolici. Ma veniamo per una volta alla testimonianza individuale, al Berlusconi cristiano. Com’è? Cosa fa?

Sono un cristiano convinto, un cristiano orgoglioso di una Fede basata sull’amore, sulla tolleranza, sul rispetto, sulla grandezza dell’uomo, fatto a immagine di Dio. Poi, naturalmente, sono un modesto peccatore, che cerca di essere all’altezza degli insegnamenti avuti in famiglia e a scuola, dai Salesiani.

I famosi giovani nei partiti, anche nel Pdl, sembrano essere sempre tirati in ballo ma non riuscire mai a ballare. Dobbiamo arrivare a fare le “quote giovani” o riuscirete a candidare in posizioni “certe” esponenti della società civile sotto i quarant’anni in numero sostanzioso?

Non c’è bisogno di quote. I giovani che meritano devono andare avanti per i loro meriti. E nelle nostre liste trovano uno spazio adeguato.

Matteo Renzi e Giorgia Meloni. Uno del Pd, l’altra del Pdl. Perché ha fatto la corte a chi non aveva in squadra e ha discusso con chi invece era già nel suo team?Sono due situazioni non paragonabili. Renzi rappresenta un’idea di sinistra finalmente moderna, occidentale, europea. E infatti il Pd lo ha ridotto al silenzio. Giorgia Meloni è una giovane capace e appassionata, che ha un modo di intendere la politica un po’ diverso dal mio. Forse un po’ più vecchio, più tradizionale del mio, nonostante la sua giovane età. Ma la rispetto e la stimo, tanto è vero che l’alleanza e la lealtà reciproca non sono mai venute meno.

Ci sono e ci sono state donne nella maggioranza e nell’opposizione, alcune anche in posizioni chiave. I tempi sono maturi per un leader di partito al femminile? E a quando un primo ministro donna?

I tempi sono più che maturi. E sono sicuro che sarà il centro-destra ad esprimerlo, come è stato in Gran Bretagna con la signora Thatcher.

Quali provvedimenti ad effetto immediato sarebbe pronto a promettere sul suo onore nel caso in cui riusciste a tornare al governo?

Eliminazione immediata dell’Imu sulla prima casa. Abolizione o modifica sostanziale del redditometro. Stimolo alle imprese per assumere disoccupati senza il peso di contributi e imposte. Aumento a 5.000 euro della possibilità di pagamento in contanti. Bastano, per il primo Consiglio dei Ministri?
 
Lei ha promesso l’abolizione dell’Imu: la mancata raccolta verrebbe compensata da aumenti su tabacchi, alcolici, giochi d’azzardo. Ma ha anche parlato di una riduzione della pressione fiscale di 1 punto ogni anno per 5 anni. Negli auspici questo contribuirà alla ripresa dei consumi, ma come verrebbe finanziata?

Anch’io sono stato un giovane che non voleva sentir parlare di politica. E anch’io detesto chi fa della politica un mestiere, una professione, perché cura i propri interessi, non quelli della collettività. Ma se non ci occupiamo noi di politica, noi che veniamo dalla trincea del lavoro, dell’economia, del mercato, la lasciamo in mano ai mestieranti, a chi ci ha ridotto in queste condizioni.

C’era una volta la cosiddetta “Prima Repubblica” caduta sotto i colpi di Tangentopoli. La Repubblica della Dc, del Caf, dei governi balneari e degli uomini che sembravano inamovibili. Tutto da dimenticare o c’è qualcosa che lei salverebbe di quel periodo?

Ci sono state grandi figure nella Prima repubblica, alle quali penso con rispetto. Penso a De Gasperi, a Einaudi, a La Malfa, a Nenni, a Malagodi, ed anche a Bettino Craxi, di cui sono orgoglioso di essere stato amico. E’ una classe dirigente che ha ricostruito l’Italia nel dopoguerra. Ma è una stagione finita, che riguarda i libri di storia.
 
Andiamo a Milano, dove lei è nato ed ha mosso i primi passi da imprenditore. All’inizio dello scorso secolo tutti i milanesi conoscevano il Corsera, Giolitti, D’Annunzio… Oggi la città, nel bene e nel male, viene associata anche alla figura di Silvio Berlusconi. Che effetto fa?

E’ un grande onore, naturalmente. Io amo moltissimo Milano. Ma non mi sento solo milanese, mi sento italiano, ed anche cittadino d’Europa.

Lei è nato in via Volturno a due passi dalla sede della Federazione italiana del Pci. I comunisti la inseguono o è lei che insegue loro?

Loro mi hanno inseguito – fisicamente – quando nel 1948 attaccavo i manifesti per De Gasperi. Io non li inseguo, politicamente. Anzi, vorrei vivere in un Paese nel quale la parola “comunismo” fosse solo un brutto ricordo. In Italia non è ancora così.

Veltroni, Prodi, D’Alema, Occhetto, Franceschini, Bersani. Chi tra questi è (o è stato) il miglior leader della sinistra? Con chi ha instaurato un dialogo costruttivo, a prescindere dall’appartenenza?

Con nessuno di loro, anche perché ognuno di loro ha avuto il merito di condurre la sinistra ad una sonora sconfitta, tranne Bersani. Ma per lui è solo questione di tempo.

Gianfranco Fini. Cosa salviamo dell’uomo e dell’esperienza politica che avete vissuto insieme?

Nulla, purtroppo. Fini mi ha deluso sul piano umano e su quello politico. C’è invece da salvare – ed è ben saldo - il rapporto con una comunità di destra nella quale ho trovato persone straordinarie.

Come è cambiata l’Italia dal suo primo incarico come premier ad oggi?

 E’ diventata un Paese bipolare, nel quale la gente vuole decidere da chi essere governata. Non è una cosa da poco.

Il politico che dovrebbe avere un clone?

Il Presidente Berlusconi, ovviamente.

Pianeta calcio. Qualcuno le imputa di aver reso il calcio un business milionario. Da uomo qualunque preferisce il calcio di una volta, quando le partite iniziavano tutte alla stessa ora, “90° minuto” era l’unico a far vedere le azioni salienti e i giocatori erano meno vip e più sportivi?

E’ come rimpiangere le navi a vela o le locomotive a vapore. Forse erano più poetiche, ma oggi sarebbero improponibili. E poi oggi molta più gente può apprezzare lo spettacolo del calcio anche da casa propria. E questo è un bene.

Nella sua carriera politica è stato più un premier modello, un premier operaio o un premier viveur?

Senz’altro un premier operaio. Che ha lavorato 13-14 ore al giorno per l’Italia, nel tentativo di far muovere un sistema pubblico incagliato. Spesso, è stata la fatica di Sisifo.

Nella Sua vita a chi si sente di essere sinceramente grato?

A mia madre. Mi ha dato tanto amore, ma soprattutto tanta forza, con il suo esempio.

Prima di venire a Palazzo Grazioli pensavo a tutte le domande che le hanno fatto ed a quelle che le faranno. Senza scomodare Marzullo, cosa devono sapere, che non sanno ancora, i nostri lettori del Berlusconi uomo?

Che mi piacciono le sfide difficili, ma non quelle impossibili. Ogni volta che mi sono cimentato in un’impresa difficile, gli scettici hanno tentato di fermarmi. Ma ogni volta ho smentito gli scettici. Anche questa volta molti hanno tentato di scoraggiarmi. Ma anche stavolta gli scettici saranno delusi. Perché vinceremo anche questa sfida, per l’Italia.

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