Berlusconi: Baget Bozzo intellettuale vicino al popolo che altri disprezzano
L'articolo pubblicato dal Presidente su Ragionpolitica.it, in ricordo di don Gianni Baget Bozzo nell'anniversario della morte del sacerdote

Di Gianni Baget Bozzo, del caro don Gianni, dell’amico sincero e del consigliere insieme ragionevole e visionario, ho non solo il ricordo fotografico delle mille cose che aveva intuito e letteralmente pre-visto, ma ho tuttora una memoria viva, presente, fortissima, legata ad alcune chiavi di lettura - le sue -, che mi sembrano anche adesso lenti efficaci e non ingannevoli per leggere bene e interpretare a fondo il tempo che viviamo.
Don Gianni non amava definirsi un intellettuale tout court, poiché la profondità del suo pensiero prendeva corpo dalla realtà, alimentato da una tensione spirituale che gli consentiva di leggere gli accadimenti attraverso una prospettiva mai banale. Egli ha saputo per tutta la sua vita incarnare un modello opposto a quello di troppi intellettuali italiani, che, a dispetto delle ideologie professate, in fondo disprezzano il popolo, se ne tengono a debita distanza, e lo considerano una massa di manovra che qualche illuminata avanguardia è chiamata a guidare verso esiti salvifici. No, per don Gianni non era così. Valeva il contrario, semmai: pur senza rinunciare all’originalità delle sue idee, sapeva sempre porsi con umiltà e ascolto rispetto ai sentimenti e alle ragioni del popolo, e riteneva che il compito di un intellettuale fosse proprio quello di aiutare la buona politica a sintonizzarsi su lunghezze d’onda autenticamente popolari, rifuggendo dalle torri d’avorio, dalle chiusure oligarchiche, dalla boria e dai ripiegamenti autoreferenziali propri dei «chierici» della «cultura ufficiale» italiana (e spero che don Gianni, …da dove ci legge, possa sorridere affettuosamente delle virgolette che uso con una qualche abbondanza).
Nasceva da qui l’attenzione della quale mi ha onorato, mostrandomi tutta l’intelligenza di chi sapeva leggere dentro le cose italiane. Perché la sinistra italiana ha avuto e ha tuttora paura di me? Per le mie caratteristiche e il mio profilo personale? Può darsi, certo. Ma il cuore del problema è un altro, quello che don Gianni aveva ben intuito: la mia «colpa» è stata ed è tuttora quella di essere in sintonia profonda con una parte davvero grande del popolo italiano, con coloro che non si fidano delle radici profonde e dei riflessi antichi di certa sinistra, e che ancora vedono in me un argine, un ostacolo, un baluardo, rispetto alla presa del potere degli ex comunisti. Don Gianni aveva compreso questa mia funzione e ne aveva derivato la possibiltà di tenere tanti italiani legati alla politica e alle istituzioni, resistendo alla tentazione del disimpegno, del rifiuto, dell’abbandono.
Il paradosso sta qui: noi, descritti come plebiscitari, ci preoccupiamo invece della prima regola della democrazia, e cioè di esaltare la sovranità popolare e farla vivere nel perimetro delle procedure istituzionali e costituzionali; gli altri, che pure si definiscono e si chiamano democratici, diffidano di un vero coinvolgimento popolare e sono costantemente esposti alla tentazione elitaria, alla pretesa di superiorità culturale (e ovviamente morale) sugli altri, non si sa bene sulla base di quali presupposti.
Don Gianni, molto chiaramente, non si fidava dei comunisti: della loro antica attitudine all’occupazione dei gangli vitali della società, della ricerca costante del potere senza consenso, della tendenza all’aggressione morale (e perfino fisica) dell’avversario «sgradito». Questo non conformismo, questo grande coraggio intellettuale e morale, questa costante inquietudine per la libertà, questo rifiuto degli schemi più logori e banali dell’intellettualità italiana, costituiscono l’eredità più viva e attuale di don Gianni. E ne restituiscono un’identità di grande innovatore, di uomo alla ricerca del cambiamento, lontano dalla difesa conservatrice e conservativa dello status quo, in ogni ambito. E’ così che don Gianni merita di essere ricordato da chi ha avuto la fortuna di incontrarlo in vita, e conosciuto da chi - più giovane - avrà l’opportunità di scoprirlo attraverso il suo pensiero e i suoi scritti.