Il primo discorso

Roma, Palafiera - 6 febbraio 1994

Il nostro Paese ha bisogno di fiducia e di speranza

Come si fa a non commuoversi in questo momento... [applausi – dal pubblico: vai Silvio, forza Silvio, sei tutti noi!] È un momento solenne, un momento intenso... [Dal pubblico: Silvio, accendi la luce!] Forse il nostro Paese ha bisogno davvero della luce della speranza e della fiducia... [applausi] Mentre venivo qui, ho pensato che c’era un matto che stava andando a incontrarsi con altri matti... [applausi – dal pubblico: Silvio, Forza Italia!!! Altrimenti ci tocca scappare dall’Italia...] Non credo, non credo... [applausi]... io credo che in questa Italia ci resteremo, ma abbiamo deciso di restarci come uomini liberi! [applausi] Ebbene, pensando a questa follia che sembra aver contagiato tutti noi, e tanti altri insieme a noi, io pensavo che si era verificato ancora una volta quel che avevo scritto in una prefazione a un bellissimo libro, l’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam. In quella prefazione dicevo: «È vera la tesi che viene fuori da queste pagine: le decisioni più importanti, le decisioni più sagge, le decisioni più giuste, la vera saggezza, non è quella che scaturisce dal ragionamento,
non è quella che scaturisce dal cervello, ma è quella che scaturisce da una lungimirante, visionaria follia». [applausi]

 

 

C’è un pericolo per il Paese

Io credo che questa decisione noi, tutti noi, l’abbiamo assunta certo guardando ai pericoli che si venivano profilando – li avete ricordati qui questa mattina –, ma la ragione forse ci avrebbe invitato a continuare a preoccuparci del nostro particolare, della nostra famiglia, delle nostre aziende, del nostro mestiere, delle nostre professioni. Abbiamo deciso invece di dare una risposta diversa, perché abbiamo sentito che si profilava un pericolo: una nuova legge elettorale, dei politicanti incapaci di mettersi d’accordo, la possibilità che il nostro Paese fosse governato da una minoranza, da una minoranza che conosciamo bene, che ci avrebbe inflitto un futuro soffocante e illiberale. [applausi]Abbiamo sentito venire fuori dal Paese, da tutto il Paese, dal Nord, dal Sud, dalle persone di tutte le categorie, di tutte le età, una domanda, un desiderio, una voglia di cambiamento, non soltanto un cambiamento di uomini, ma anche un cambiamento del modo di fare politica. Basta con la politica delle baruffe, delle parole, delle chiacchiere, dei veti incrociati, dei vecchi rancori, delle trattative sotto il tavolo: abbiamo sentito la voglia di una politica diversa, di una politica pulita. Abbiamo sentito salire da tutte le parti la voglia di un nuovo soggetto politico, abbiamo sentito venire dal Paese la domanda di risposte concrete ai problemi concreti del Paese.

 

È per questo che oggi noi siamo qui, con la volontà di cominciare da qui un lungo cammino, un cammino – lo ripeto – di speranza e di fiducia nel nostro futuro. Siete qui, quindi, voi che avete creato in tutto il Paese questo gran numero di club che hanno riavvicinato gli italiani alla pólis, alle cose che ci riguardano tutti, voi che avete deciso di abbandonare i vostri interessi e di mettere davanti ai vostri interessi l’interesse generale del Paese. Poi sono qui anch’io, io che ho sentito una specie di responsabilità che non poteva essere elusa e ho detto, forse esagerando, che mi sentivo nella condizione di chi, dovendo partire per un bel viaggio, per una bella vacanza, si è poi trovato improvvisamente davanti qualcuno bisognoso d’aiuto: ecco, nonostante la vacanza, il viaggio, non sarebbe stato possibile girare la testa dall’altra parte, perché questo ha un nome
preciso: omissione di soccorso. È per questo – perché noi ci sentiamo tutti responsabilmente chiamati a uscire dal nostro egoismo per fare quanto possiamo per il nostro Paese – che noi siamo qui, che abbiamo risposto a questa specie di chiamata alle armi! [applausi]

 

 

L’Italia che vogliamo: i nostri principi

Allora ci corre l’obbligo – essendo noi qui e volendo procedere a interessarci dell’amministrazione di questo Paese – di dichiarare con chiarezza i principi e i valori che ci ispirano; ci corre l’obbligo di dire qual è il nostro modello di società, e quindi quale Italia vogliamo; ci corre l’obbligo di dire che cosa riteniamo si debba fare per cambiare il nostro Paese.

 

I principi in cui noi crediamo non sono principi astrusi, non sono ideologie complicate; no, sono i valori fondamentali di tutte le grandi democrazie occidentali.

 

Noi crediamo nella libertà, in tutte le sue forme, molteplici e vitali: libertà di pensiero e di opinione, libertà di espressione, libertà di culto, di tutti i culti, libertà di associazione; crediamo nella libertà di impresa, nella libertà di mercato, regolata da norme certe, chiare e uguali per tutti. Ma la libertà non è graziosamente «concessa» dallo Stato, perché è ad esso anteriore, viene prima dello Stato. È un diritto naturale, che ci appartiene in quanto esseri umani e che semmai, essa sì, fonda lo Stato. E lo Stato deve riconoscerla e difenderla – in tutte le sue forme – proprio per essere uno Stato legittimo, libero e democratico e non un tiranno arbitrario.
Crediamo che lo Stato debba essere al servizio dei cittadini, e non i cittadini al servizio dello Stato. Crediamo che lo Stato debba essere il servitore del cittadino e non il cittadino il servitore dello Stato. Il cittadino deve essere sovrano.

 

Per questo – concretamente – crediamo nell’individuo e riteniamo che ciascuno debba avere il diritto di realizzare se stesso, di aspirare al benessere e alla felicità, di costruire con le proprie mani il proprio futuro, di poter educare i figli liberamente.
Per questo crediamo nella famiglia, nucleo fondamentale della nostra società.
E crediamo anche nell’impresa, a cui è demandato il grande valore sociale della creazione di lavoro, di benessere e di ricchezza.

 

Noi crediamo nei valori della nostra cultura nazionale che tutto il mondo ammira e ci invidia.
Crediamo nei valori della nostra tradizione cristiana, nei valori irrinunciabili della vita, del bene comune, nel valore irrinunciabile della libertà di educazione e di apprendimento, della pace, della solidarietà, della giustizia, della tolleranza, verso tutti, a cominciare dagli avversari.

 

E crediamo soprattutto nel rispetto e nell’amore verso chi è più debole, primi fra tutti i malati, i bambini, gli anziani, gli emarginati.
Desideriamo vivere in un Paese moderno dove siano valori sentiti e condivisi la generosità, l’altruismo, la dedizione, la passione per il lavoro, e al tempo stesso – da liberisti – crediamo negli effetti positivi per tutti della competizione, della concorrenza e del progresso che non può esserci se non c’è libertà.
Ispirandoci a questi valori, noi vogliamo dare il nostro contributo al nostro Paese, noi vogliamo che il nostro Paese possa essere migliore, possa essere diverso da quello del recente passato e anche da questo, il Paese di questo confuso presente.

 

Noi vogliamo un’Italia di donne e di uomini liberi, che non conoscano la paura, che non conoscano l’invidia sociale e l’odio di classe e che tutti insieme possano costruire un futuro diverso.

Noi vogliamo quindi un’Italia diversa, unita in un’unità indissolubile, [applausi] che non tollera neppure che questa unità sia messa in discussione perché questo sentimento dell’unità appartiene alla nostra cultura, alla nostra coscienza, [applausi] alla nostra storia, ai nostri ricordi, perché tutto questo appartiene a noi stessi!

 

Noi vogliamo un’Italia che abbia qualcosa in meno dell’Italia che conosciamo, ma che abbia anche qualche cosa in più – anzi, molte cose in più.

 

 

Il nostro modello di società

Innanzi tutto noi vogliamo un’Italia con meno disoccupazione e con più lavoro; [applausi] a coloro che non hanno lavoro, ai disoccupati, a coloro che sono in cassa integrazione, a coloro che sono in aziende che non vanno bene e perciò guardano con preoccupazione al loro futuro, noi, se riusciremo nell’impresa che ci siamo proposti, noi oggi possiamo garantire che queste preoccupazioni finiranno, possiamo garantire che noi sappiamo come rilanciare l’economia dell’Italia! [applausi]
Non c’è nessuno in Italia che possa fare questa promessa, che possa fare questa affermazione con più credibilità e con più autorevolezza di chi la sta facendo in questo momento! [applausi].


Noi vogliamo un’Italia... [dal pubblico: abbiamo già vinto, Silvio! – applausi] Che Dio ti ascolti, e, già che ci siamo, che ti ascoltino anche tutti i Santi, compreso il nostro santo Patrono.

Noi vogliamo un’Italia che consideri con più rispetto e con più amore i deboli e gli anziani. La prosperità di cui godiamo è anche dovuta ai sacrifici, all’amore per il lavoro che loro hanno praticato per tutta la vita. [applausi] Continuando come ora, il nostro sistema economico non potrebbe garantire l’integrità della pensione a questi benemeriti che invece, dopo una vita di lavoro, hanno pieno diritto a una stagione di serenità e di certezze. [applausi]
Ma il Paese avrà bisogno di ben altro per migliorare: noi vogliamo anche un’Italia più ordinata e più sicura, un’Italia che sappia lottare con determinazione e con efficacia contro la criminalità comune e contro la criminalità organizzata.
[applausi] Nel nostro Paese rimangono impuniti il 96 per cento dei furti e il 74 per cento degli omicidi! Questo
significa che lo Stato non adempie a uno dei suoi fondamentali doveri: quello di garantire la sicurezza dei cittadini, la loro integrità fisica e patrimoniale. [applausi]

 

Noi vogliamo anche un’Italia che sappia combattere la droga, ma che offra a chi ne è caduto vittima ogni aiuto possibile affinché possa reinserirsi nella famiglia, nella società e nel lavoro. [applausi]

 

Noi vogliamo, naturalmente, un’Italia con meno corruzione, [applausi] Vogliamo anche un’Italia più attenta alla salute dei cittadini, che li difenda dall’inquinamento, che presti maggiore attenzione alla natura, all’ambiente, a tutte le straordinarie bellezze che il Signore ci ha dato e a tutte le opere d’arte che chi ci ha preceduto ci ha consegnato e che noi abbiamo il dovere di consegnare a chi verrà dopo di noi, almeno nelle stesse condizioni nelle quali le abbiamo ricevute. [applausi]

 

Noi vogliamo un’Italia con meno tasse e meno burocrazia, un’Italia che dia più spazio a chi assume il rischio d’impresa, a chi si assume il compito di produrre lavoro e benessere: noi vogliamo un’Italia, insomma, che dia più spazio al privato e meno allo Stato: un’Italia con più privato e meno Stato! [applausi] Che cosa è successo in questi ultimi anni perché oggi si possa essere così preoccupati nel guardare al nostro presente e al nostro futuro? È successo che lo Stato, anziché occuparsi dei suoi doveri fondamentali, ha voluto espandersi, ha voluto estendere la sua presenza anche nei settori del privato, anche nei settori dell’economia. Se oggi noi godiamo di una situazione di benessere, ciò è dovuto al fatto che milioni e milioni di italiani continuano a compiere il loro dovere tutti i giorni, tutte le mattine uscendo dalle loro case, andando nelle scuole, nelle fabbriche, negli uffici, ed è proprio a loro che dobbiamo il nostro benessere e anche la libertà che ci ha fin qui assistito. Lo dobbiamo alla laboriosità delle nostre maestranze, dei nostri contadini, all’ingegno dei nostri imprenditori – soprattutto di quelli che hanno costruito e che gestiscono imprese piccolissime, piccole e medie – al genio e al talento dei nostri artigiani, dei nostri artisti, dei nostri commercianti, di tutti coloro che assumono su di sé il rischio di un lavoro autonomo.
E l’hanno saputo fare nonostante la macchina politico-burocratica sia «perfetta» per proibire e per creare difficoltà a chi lavora! [applausi]

 

Che cosa è successo? È successo che a poco a poco le tasse sono aumentate perché sono aumentate le spese pubbliche; è successo che negli ultimi anni la spesa pubblica è passata dal 43 per cento del prodotto nazionale, di tutto ciò che noi produciamo, a quasi il 58 per cento nel 1992, con un aumento di tredici punti percentuali; è successo che negli ultimi tre anni per ogni milione di reddito in più che siamo stati capaci di produrre, la mano pubblica si è presa settecentocinquantamila lire e solo duecentocinquantamila
lire sono rimaste nella disponibilità dei singoli, delle famiglie e delle imprese. Così come il 60 per cento del risparmio delle famiglie è stato assorbito dallo Stato per coprire i suoi disavanzi. Questi dati ci fanno ritenere che non possiamo non contenere questo accrescimento della spesa pubblica, questo conseguente accrescimento delle imposte che mette in discussione i posti di lavoro esistenti, e che non dà la possibilità di crearne di nuovi. Credo che il meccanismo vi sia chiaro: tutto ciò che va nella direzione della spesa pubblica viene sottratto all’investimento nelle aziende private: il 90 per cento dei risparmi delle famiglie italiane è oggi consegnato allo Stato attraverso i titoli del debito pubblico, soltanto il 10 per cento è indirizzato alle imprese per consentire alle imprese stesse di produrre e di espandersi.
Questa è una situazione che davvero non può durare. Ci lamentiamo degli interessi alti, ma credo che a nessuno sfugga come anche questo sia un fenomeno causato dalla voracità del nostro Stato, che per continuare a espandere la spesa si rivolge alle famiglie dei risparmiatori, offre a loro una garanzia totale circa la restituzione del capitale, offre a loro interessi che sono numerosi punti più alti dell’inflazione:
il risparmio lì si rivolge. La stessa offerta non può essere sostenuta dalle imprese che quindi si trovano a operare senza quei mezzi che sono necessari per finanziare il loro sviluppo.
Per questo io ritengo che non possiamo più accettare questa Italia così politicizzata, statizzata, corrotta, quest’Italia iperregolata: quante sono le leggi, i regolamenti, le circolari che rendono difficile, se non impossibile, l’attività di chi lavora? Non possiamo più accettare, insomma, questa Italia che è stata ed è così male governata e così male amministrata.

 

Uomini nuovi alla guida del Paese

Allora che cosa si deve fare? Io credo che si debbano approntare delle cure, che si debbano approntare dei programmi che dicano con precisione che cosa si deve fare per risolvere ogni problema. Credo che si debba anche portare alla guida del Paese uomini diversi da quelli che fino ad ora l’hanno diretto e amministrato. Io credo che mai come oggi l’Italia abbia bisogno di uomini con la testa sulle spalle, e quando dico uomini intendo dire, naturalmente, donne e uomini. [applausi] Uomini che non sappiano soltanto fare bei discorsi, fare bella figura alle tavole rotonde o in televisione, tenere comizi, rispondere alle battute, ma che sappiano invece e soprattutto operare; uomini che sappiano dire bene e chiaro ciò che vogliono fare, ma che sappiano soprattutto trasformare in azioni le loro parole e che abbiano i risultati del loro lavoro a testimoniare
questa loro capacità. [applausi] Uomini che vengano dalla trincea della vita e del lavoro, uomini di speranza, di fiducia, di ottimismo, animati da una gran voglia di fare! [applausi]

 

Il nostro programma

Poi ci vuole un programma, come dicevamo, un programma semplice, chiaro, preciso, che riesca a dare subito fiducia al Paese, a togliere le paure che oggi sono così diffuse, perché è la fiducia, soprattutto, la prima cosa che serve per ripartire. Abbiamo bisogno di fiducia. Devono aver fiducia le famiglie per convincersi a risparmiare senza timore, devono aver fiducia le imprese per determinarsi a rischiare, a investire, a svilupparsi. Abbiamo preparato questo programma e credo di non sbagliarmi se dico che mai nessuna forza politica in Italia ha mai presentato un programma così completo, così articolato, così dettagliato, un programma di oltre quaranta punti a cui abbiamo lavorato con gli esperti che ci sono apparsi i migliori di ogni settore, un programma che ora è pronto e che consegneremo ai nostri candidati affinché ciascuno di loro possa dare il suo contributo nelle materie di specifica competenza. Un programma che diventerà quindi definitivo dopo questo lavoro, e che noi presenteremo a tutti gli elettori italiani nel mese precedente la data delle elezioni. Questo programma avrà alcuni punti centrali: il primo sarà proprio quello di rilanciare lo sviluppo, che è una faccia della medaglia che ha come altra faccia l’esigenza di mettere a dieta lo Stato. [applausi]
Ho già fatto una proposta che ha suscitato tanto scalpore e che ha mostrato come gli uomini delle sinistre, che si dichiarano oggi liberaldemocratici, siano tuttora ancorati al dirigismo e allo statalismo di sempre: il programma di in trodurre un tetto al prelievo fiscale da parte dello Stato. [applausi]
Negli ultimi dodici anni il prelievo da parte dello Stato sul prodotto è stato aumentato di tredici punti: non mi pare sia irragionevole pensare che in un periodo altrettanto lungo si possa diminuirlo di un punto all’anno. Credo sia un traguardo che si può raggiungere e anzi superare nei fatti; questo significherebbe cominciare ad amministrare lo Stato come si amministrano le famiglie e le imprese. In nessuna famiglia e in nessuna impresa il buon padre di famiglia, il bravo imprenditore spende senza essere certo di quanto incasserà, di quanti soldi potrà disporre. Io credo che lo Stato debba fare altrettanto. [applausi] Credo che all’impegno sul tetto massimo del prelievo fiscale – che, come principio generale, non deve essere mai tale da impedire
il finanziamento dello sviluppo economico – debba essere aggiunto il rispetto vero, che oggi non c’è, dell’articolodella Costituzione che dice che ogni spesa deve avere una propria precisa copertura finanziaria. Ecco, io credo che questo sia un impegno assoluto, necessario, che noi, se avremo responsabilità di governo, dovremo assumere, e assumeremo, nei confronti di tutto il Paese. [applausi]
Credo poi, naturalmente, che dovremo rilanciare lo sviluppo, che dovremo dare una mano alla creazione di nuovi posti di lavoro e al mantenimento di quelli esistenti perché, se vogliamo rilanciare l’economia, è urgente intervenire con decisione. Si deve intervenire modificando le tassazioni che gravano sulle imprese. In un Paese che ha bisogno di espandersi bisogna incentivare gli investimenti e quindi proporremo di non sottoporre ad alcuna tassa i profitti di impresa che gli imprenditori si impegneranno a utilizzare per sviluppare le proprie attività e creare nuovi posti di lavoro. [applausi]
In un Paese che ha il problema del lavoro, si è tassato e si tassa ferocemente proprio il lavoro: proporremo una de-tassazione del lavoro, soprattutto di quello dei giovani, una detassazione per il lavoro offerto a chi è disoccupato e a chi è in cassa di integrazione e una detassazione del la voro in quelle zone che soffrono di alti livelli di disoccupazione. [applausi]
Sono misure che già altri Stati hanno adottato con successo per un periodo determinato. Proporremo di introdurre l’apprendistato e contratti di formazione [applausi] che fungano da mediazione tra il momento di formazione e il momento dell’inizio effettivo dell’attività lavorativa.
Poi, naturalmente, dovremo impegnarci a riorganizzare l’amministrazione fiscale con principi che crediamo non possano essere messi in discussione; con l’abolizione di questo numero straordinario di tasse, riportandole dalle cento e passa che sono a un numero decente, a quelle principali che determinano oltre il 90 per cento degli introiti dello Stato: diciamo a dieci, a quindici tasse principali, in modo da poter concentrare gli sforzi degli uomini dell’amministrazione fiscale sui grandi e principali tributi, in modo da poterli concentrare nella lotta all’evasione. [applausi]
Proporremo anche la riduzione delle aliquote fiscali perché quelle di oggi, introdotte molto tempo fa per colpire di più i cittadini più ricchi, oggi fanno pressione anche su cittadini che certo sono nel benessere, ma che non possono assolutamente definirsi ricchi; opereremo quindi in questa direzione convinti, come siamo, che aliquote più giuste siano un incentivo al lavoro, all’investimento, al rischio d’impresa, e siano soprattutto un grande disincentivo all’evasione. [applausi]
Si dovrà mettere mano alla riorganizzazione della nostra burocrazia e della nostra amministrazione; questa mattina abbiamo ricordato come molto spesso la corruzione sia figlia di un’amministrazione mal retribuita, senza motivazioni, pletorica, confusa, caotica, inefficiente; un’amministrazione che troppo spesso si dimentica che non sono i cittadini al servizio dello Stato, ma che è lo Stato al servizio dei cittadini. [applausi]
Dovremo mettere mano – e che mano! – ai servizi principali, quali la sanità, gli ospedali, la scuola, la previdenza; il nostro programma indicherà con precisione le misure da adottare, ma certo ci sarà da fare un gran lavoro: il concetto fondamentale è quello di lasciare allo Stato tutto ciò che non può essere attribuito alla intrapresa dei privati e di dare invece ai privati tutto ciò che, in un regime di competizione e di concorrenza, possa costare meno e possa essere migliorato come qualità. [applausi]
Il concetto ispiratore deve essere quello di dare la possibilità a ogni cittadino di scegliere in quale scuola istruirsi, in quale clinica o ospedale curarsi, con quale istituto assicurarsi.
Con questo naturalmente, facendo un’opera ancora migliore di sostegno nei confronti delle categorie più deboli a cui potranno essere assegnati degli aiuti precisi, come il buono scuola e il buono salute, che possano consentire a ciascuno di scegliere la scuola che vorrà, di scegliere l’assicurazione che vorrà, di scegliere anche l’assicurazione sanitaria che vorrà, di non essere più un cittadino a metà. Un cittadino dimezzato che deve attendere mesi per fare dei semplici esami clinici, che deve fare code per qualunque servizio che chiede allo Stato, che molto spesso dagli uomini dello Stato riceve risposte infastidite, quando non addirittura incivili e arroganti. [applausi]
Dovremo mettere mano anche a questa grande e complessa congerie di leggi, di leggine, di regolamenti, di decreti, di interpretazioni che hanno avviluppato in una morsa terribile la vita nostra di tutti i giorni e la vita di chi si impegna per produrre. Credo che da tutte queste leggi noi dovremo trarre per ogni materia dei testi unici, chiari, semplici, comprensibili, sino ad arrivare alla formazione di nuovi codici, di testi unici, soprattutto per certe materie e in primo luogo per la materia fiscale. [applausi]
Questi saranno per la prima volta programmi che deriveranno dall’esperienza di tutti, dall’esperienza di chi ha lavorato nei vari settori, saranno per la prima volta programmi che tutti potranno conoscere, che tutti potranno migliorare, che tutti potranno giudicare.

 

 

Le forze politiche a cui ci rivolgiamo per realizzare questi programmi

Ed è proprio con questi programmi che noi ci rivolgeremo alle altre forze politiche dell’area liberaldemocratica, per chiedere il loro consenso e la loro collaborazione – senza veto alcuno, senza infingimenti –, la loro collaborazione sui punti di questi programmi, oltre naturalmente al consenso sui principi e sui valori che li ispirano, per avere con loro una collaborazione leale e fattiva. [applausi]
Abbiamo già discusso di questi programmi con i protagonisti del Centro Cristiano Democratico e con quelli dell’Unione di Centro e abbiamo ricevuto la loro convinta adesione; ne discuteremo questa settimana con i rappresentanti della Lega con cui speriamo di poter collaborare riconoscendo il ruolo importante che la Lega ha avuto nella recente storia del nostro Paese, e riconoscendo l’impulso che oggi manifesta per passare dalla protesta alla costruzione. [applausi]
Ma non chiuderemo la porta a chi ha dichiarato ad alta voce la propria fede nei nostri stessi principi, ha presentato documenti ineccepibili sotto il profilo politico ed economico, documenti di vero liberalismo e di convinto liberismo, a chi non si presenta come portatore di idee xenofobe, di idee razziste, ma come qualcuno che considera inequivocabilmente finita e superata una certa fase storica. Qualcuno che vuole lasciare, sepolto nel passato, un periodo che non può avere più ritorno. [applausi]
Cercheremo [applausi continui] questa collaborazione così come la stragrande maggioranza degli italiani vuole, perché questo nuovo sistema elettorale, il sistema elettorale maggioritario, è stato voluto attraverso un voto dall’80 per cento degli italiani, e fa specie, fa stupore che chi ha contribuito a questa legge, oggi tradisca lo spirito di questa legge, la volontà di questa legge, [applausi] che indica una strada precisa: quella della chiarezza. Nel Paese ci deve essere una parte che governa e una che sta all’opposi zione e per arrivare a questo occorre aggiungere voto a voto, occorre sommare consenso a consenso, così come una squadra, quella della sinistra, ha già fatto e così come deve fare la squadra liberaldemocratica se non vuole consegnarsi
alla sconfitta. [applausi prolungati]
Un nuovo miracolo italiano Con la fiducia in questi valori, con questa idea chiara sull’Italia che vogliamo, con questi uomini, con questi programmi, noi cercheremo di far fare all’Italia un altro miracolo. Dopo un periodo assai peggiore del presente, dopo la guerra, l’Italia ha saputo stupire il mondo con quello che si chiamò allora il «miracolo italiano».
Bene, io dico che anche oggi noi possiamo far fare un salto in avanti al nostro Paese e alla nostra economia e costruire davvero un periodo nuovo di sviluppo e di benessere.
Credo che tutti insieme dobbiamo accingerci a questa grande impresa, a questa grande, ineluttabile avventura, credendoci, credendoci fino in fondo, avendo fiducia, avendo fede nella nostra capacità di conseguire un grande risultato. E ora vi invito a cantare tutti insieme.

 

Non ci dobbiamo vergognare di cantare, di restare giovani, la giovinezza non è un dato anagrafico, è uno stato dell’anima, è una condizione dello spirito, e quindi facciamolo di buon grado, di alzarci, di unirci, e cantare insieme il nostro inno che ha parole semplici ma vere, il nostro inno che dice «Forza Italia, è tempo di credere...», è tempo di osare, è tempo di accendere dentro il nostro cuore un grande fuoco, quello della passione per la libertà. [applausi continuati] Con una grande passione noi potremo raggiungere i traguardi più ambiziosi, potremo costruire un’Italia più giusta, un’Italia più generosa e sollecita verso chi soffre e chi ha bisogno, un’Italia più moderna ed efficiente, un’Italia più prospera e serena, un’Italia più ordinata e sicura, un’Italia che sappia imporsi all’ammirazione degli altri, non soltanto per il suo grande passato, ma per un suo nuovo, magico presente. [applausi continuati]
Quindi «Forza Italia», «Forza Italia» come dicono le parole della nostra canzone, Forza Italia per fare, Forza Italia per crescere, Forza Italia per essere liberi, Forza Italia per costruire, tutti insieme, un grande, un nuovo, uno straordinario miracolo italiano! [applausi continuati e ovazioni]

Roma, Palafiera - 6 febbraio 1994